Seconda parte del racconto di Serena nell’Acacus Algerino, una terra che oggi è veramente difficile da visitare. La prima parte del racconto che termina proprio nel canyon di Essendilène la puoi leggere qui ➡ Algeria: Tadrart, l’Acacus algerino
Dal canyon di Essendilène percorrendo la pista a ritroso ci fermiamo presso l’accampamento di una delle poche famiglie nomadi che ancora vivono in quest’area.
Tra le tende dello stesso colore del terreno spiccano gli abiti, variopinti, delle donne. Gli uomini hanno portato gli animali al pascolo e i bimbi in abiti malconci e impolverati ci guardano incuriositi. La mia bimba dona loro qualche giocattolo che non si aspettavano di ricevere.
Il luogo è molto bello ma la vita per queste genti è davvero dura.
Arrivati all’oued di Tikobauin ci troviamo circondati da colonne, grandi arenarie che sembrano enormi panettoni e da alcuni stretti passaggi. E’ emozionante non sapere cosa c’è oltre e scoprirlo man mano che si procede.
Il paesaggio si apre e si chiude tra rocce e sabbia.
Troviamo un posto bellissimo e allestiamo il campo con la Maggiolina ,prima del solito per preparare un buonissimo brodo di pollo, molto gradito che ci riscalderà durante la cena. L’indomani Ahmed, la nostra guida, ci mostra dove si trova una delle misteriose tombe pre-islamiche risalente al periodo neolitico.
Le pietre sono disposte a formare due anelli concentrici intorno al tumulo centrale dove veniva sepolto il defunto, in posizione fetale, accompagnato da alcuni oggetti a lui appartenuti. Forse i cerchi sono riferiti in qualche modo al sole, purtroppo non si hanno molte notizie di queste interessanti sepolture.
Un’altra pista ci conduce a Dider, un sito di notevoli graffiti rupestri tra i quali spicca quello dell’antilope dormiente che compare sulla banconota da 1000 dinari. Oltre a giraffe, struzzi, gazzelle,mucche, sono incise anche alcune figure umane. Bassi muretti di pietre delimitano l’area. Per entrare dobbiamo toglierci le scarpe in quanto le incisioni sono su liscissime rocce quasi orizzontali sulle quali dobbiamo camminare per poter ammirare questi splendidi esempi di arte preistorica.
Circa 200 km a nord-ovest di Djanet prendiamo una deviazione che ci porta all’oasi di montagna di Iherir. Poco prima di arrivare, dall’alto della strada, si vedono i resti delle costruzioni in pietra e paglia dell’antico insediamento, ora abbandonato. L’oasi circondata dalle montagne si trova nella valle del oued Iherir dove abbondano palme da datteri, oleandri, tamerici e giunchi. Volendo si possono effettuare diversi percorsi a piedi lungo la valle per raggiungere altre gueltas. C’e anche un campeggio, chiuso non si sa da quanto tempo, che il capo villaggio fa aprire per noi. Negli ultimi anni pochissimi viaggiatori hanno raggiunto questo luogo. Prima di lasciare l’oasi il capo villaggio mi chiede se ci sono turisti in Algeria e nel caso ne incontrassimo durante il ritorno mi prega di dire loro di venire qui.
Tornati sulla strada principale i gendarmi ci attendono per scortarci nuovamente fino al confine. Chilometri e chilometri di asfalto che taglia il deserto. Incontriamo diversi posti di blocco, alcuni punti per il rifornimento e più a nord altre oasi ma nessun viaggiatore.
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